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Stamina, i fratelli Biviano da un anno a Montecitorio: “Non molliamo”

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Determinati più che mai a condurre una battaglia in nome del diritto alla salute, non soltanto per se stessi bensì per tutti coloro “che sono stati condannati a morte, prima dalla scienza ufficiale e poi dallo Stato”. Il 22 luglio dello scorso anno, Sandro e Marco Biviano, due dei quattro fratelli di Lipari affetti da distrofia muscolare, sono arrivati dalla loro isola a Roma, davanti Montecitorio, per chiedere al governo di accedere alle cure Stamina di Davide Vannoni.

Sono trascorsi quasi 12 mesi: Sandro e Marco sono ancora lì, vivono in una tenda ribattezzata “civico 117 A”, sono divenuti gli uomini simbolo della protesta di chi vuole soltanto una possibilità, di chi tenta di scampare ad una morte certa e dolorosa.

E con la stessa tenacia ieri hanno sfilato, insieme a centinaia di manifestanti, da piazza Bocca della Verità al ministero della Salute, che loro chiamano “cimitero della Salute” per tenere alta l’attenzione sulle cure compassionevoli. In testa al corteo 18 bare, per ricordare quanti speravano di accedere al trattamento Stamina ma non ce l’hanno fatta, nonostante l’autorizzazione di un giudice. Il rifiuto dei medici di Brescia di somministrare le staminali di Vannoni, il comitato scientifico – il secondo nominato dal ministro Lorenzin – che dovrà valutare l’efficacia del metodo, e poi le inchieste della magistratura, le 180 sentenze che impongono alla struttura sanitaria lombarda di procedere alle infusioni, i 28mila disabili italiani che hanno presentato richiesta di accesso al trattamento, le polemiche, il gioco di accuse tra pro e contro Vannoni, le inevitabili strumentalizzazioni: una vicenda intricata che Sandro e Marco – dei quali BlogSicilia vi ha raccontato più volte – commentano con un “non c’è più tempo, siamo molto stanchi, stiamo morendo”.

Nell’intervista che vi proponiamo, realizzata a Roma, i due fratelli fanno il bilancio di un anno trascorso nella speranza che le istituzioni diano ascolto all’ultima accorata richiesta di aiuto di chi vede la vita sfuggirgli e non può accettare che sia lo Stato a decidere della propria sorte.

Davanti alla loro tenda, nel tempo, sono passate migliaia di persone, i cittadini comuni quanto i politici. Ma se nei primi Sandro e Marco hanno trovato “una straordinaria solidarietà”, in merito ai secondi raccontano con amarezza “di un’indifferenza totale. Quando ci vedono – dice Sandro – affrettano il passo, anzi scappano, sembra che abbiano visto la morte. Montecitorio è pieno di codardi”.

La loro richiesta delle infusioni di Stamina, getta luce sulla disperazione di quanti sanno che non esiste cura per la loro malattia. Raccontano tutti la stessa storia: il faticoso peregrinare attraverso numerosi ospedali in Italia e all’estero, la diagnosi terribile, quel “mi dispiace” pronunciato allargando le braccia da qualcuno in camice bianco.

“La medicina non ci offre niente – specificano Marco Sandro – nostra sorella Elena è già alla fase terminale della malattia. Chiediamo per lei e per chi sta morendo una opportunità, il ministero della Salute non ha prove certe che Stamina non funzioni. Sappiamo che non è una cura e che gli effetti delle infusioni sono molto soggettivi: ma noi abbiamo visto i miglioramenti nei pazienti che sono stati trattati a Brescia, i risultati positivi ci sono. Tuttavia nessuno vuole autorizzare il metodo, perché i politici sono marionette nelle mani delle lobby farmaceutiche“.

Una strada alternativa per permettere le cure ci sarebbe: andare all’estero. Lo stesso Vannoni ha prospettato la costruzione di un laboratorio per le infusioni a Capo Verde: “Sarebbe una soluzione – puntualizza Marco – ma io sono un italiano e voglio essere curato in Italia. E questo diritto deve essere riconosciuto a tutti, nel Paese in cui viviamo. Come farebbero i disabili attaccati ad un respiratore a raggiungere Capo Verde? E’ normale che siamo qui da un anno e il mondo politico ci ignori? E’ una vergogna”.

Marco e Sandro non mollano. Resteranno a Roma, davanti il palazzo del governo, a lottare per il diritto alla vita.


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