Mancano poco più di 24 ore al debutto di Magnificat che martedì 9 settembre porterà in scena attori disabili sul palco del prestigioso Teatro Greco di Taormina e festeggerà il quarto di secolo della Nèon, associazione catanese fra le più prestigiose ed impegnate nell’ambito del Teatro e handicap.
Una pièce che vede la regia di Monica Felloni e la direzione artistica di Piero Ristagno, e che è un inno alla vita già nel titolo: “Magnificat”, prima parola del cantico di ringraziamento che la Vergine pronuncia alla cugina Elisabetta durante l’incontro, e che, come afferma Ristagno “vuole rappresentare che la religiosità è insita in ognuno di noi attraverso varie sfaccettature, ma è la nostra esistenza che magnifica il nostro essere qui. Siamo tutti esseri umani ognuno con le proprie diversità”.
La Felloni, con Magnificat, dimostra ancora una volta la totale mancanza di improvvisazione, dando spazio alla fratellanza che da anni unisce i ragazzi della Nèon, gli operatori, i familiari e coloro che hanno compreso che la diversità è una ricchezza. La pièce è la fusione dell’omonima opera di Bach e il testo di Erri De Luca, già portato in scena dalla medesima compagnia, “In nome della madre”.
In un momento, in cui si parla di eterologa e di aborto terapeutico, il lavoro della Nèon fa capire che ogni essere umano ha un suo carisma e spesso chi non è sano, o meglio, non è sano agli occhi di una società che vuole solo perfezione e nessun problema, da all’altro molto di più in termini di affetto disinteressato ed emozioni reali e spesso improvvise.
“Certamente all’inizio non è facile per un genitore, che troppo spesso non è supportato da laboratori o incontri ad hoc per lavorare su se stesso – afferma Aida Fazio Russo, presidente nazionale dell’Aipd (associazione italiana persone down) – ma sia chiaro: non è facile per la reazione esterna, un genitore ama i propri figli, dal primo istante. Spesso è impaurito, seppur inconsciamente, a causa degli altri, quegli altri che si credono migliori e perfetti. Noi genitori siamo orgogliosi dei nostri figli down, con cui camminiamo alla stessa andatura, fianco a fianco, e abbiamo compreso che vanno accettati così come sono, senza volerli rendere uguali alle persone normali, troppo spesso schiave dell’apparenza. Mio figlio Pietro, che è uno degli attori di Magnificat, mi ha insegnato tanto… una volta ad esempio mostrandomi una foto di anni fa e una recente mi ha detto: qui ero mongoloide, ora, invece, sono down. Ha compreso che è la società che da termini e chiusura a causa degli stessi. Si dovrebbe solo capire che sono persone con bisogni speciali”.
A rappresentare che i venticinque anni di lavoro della Nèon, non sono stati facili in una società, ricca di pregiudizi e povera di apertura verso i problemi altrui, ma allo stesso tempo si è raccolto tanto e si è fatto da traino all’apertura verso l’altro, è stato il voler partecipare al crowdfunding, forma di finanziamento, che coinvolge persone sconosciute ad un progetto che spesso non vivranno neanche in prima persona.
Statisticamente il crowdfunding è effettuato per progetti aziendali, ma “essere riusciti a superare l’obiettivo, e aver ottenuto € 5102 grazie a persone lontane e sconosciute, fa capire che la nostra società può aprirsi all’altro, se lo vuole” afferma Sofia Di Maria Santuccio, responsabile Relazioni pubbliche di Nèon.