Ci sono le mogli di Francantonio Genovese, deputato nazionale del Pd e leader del partito democratico della città dello Stretto di Messina e di Giuseppe Buzzanca, nell’inchiesta sui fondi per la formazione professionale che stamattina ha portato all’arresto di dieci persone. Accomunati dalla stessa “carriera politica”: entrambi sono stati sindaci – entrambi sono decaduti dalla carica – a Messina.
Daniela D’Urso, 44 anni, moglie di Buzzanca è finita ai domiciliari per l’inchiesta che la Procura della repubblica di Messina ha condotto sulla scandalo della formazione professionale e sulla gestione dell’Ancol. Per lo stesso ente di formazione hanno ricevuto la medesima misura di custodia cautelare ai domiciliari anche l’ex assessore della giunta Buzzanza, Melino Capone e il fratello Natale.
L’inchiesta riguarda anche le attività di altri due enti di formazione che gravitano nell’orbita della famiglia Genovese e quella del cognato Franco Rinaldi, deputato regionale e anche lui indagato per l’inchiesta che lo scorso 22 maggio, mentre a Messina era in pieno svolgimento la campagna elettorale per il rinnovo del consiglio e l’elezione del sindaco, ha portato all’emissione dei primi avvisi di garanzia. Per le attività di Aram e Lumen sono coinvolti invece la moglie di Genovese, Chiara Schirò, Elio Sauta, già consigliere del Pd e già presidente dell’Istituzione dei servizi sociali del Comune, Graziella Feliciotto, già dipendente di un ente di formazione, Concetta Cannavò, già tesoriera del Pd dimessasi dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia e componente della segreteria politica del deputato nazionale, Nicola Bartolone, consigliere comunale a Montalbano Elicona, in provincia di Messina. Gli altri destinatari del provvedimenti restrittivi sono Natale Lo Presti, Natale Capone, Giuseppe Caliri mentre per Carlo Isaja, dell’Ispettorato provinciale del lavoro di Messina, il gip Giovanni De Marco ha disposto la sospensione dal pubblico ufficio per due mesi.
A tutti viene contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata al peculato e alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche destinate al finanziamento di progetti formativi.